HCFC (idroclorofluorocarburi): rispetto ai CFC presentano idrogeno e quindi meno cloro; sono dunque meno pericolosi per lo strato di ozono, ma anche questi gas non sono più impiegati; questi composti, contenenti almeno un atomo di idrogeno, sono più tossici rispetto agli omologhi CFC

Per rendere meno duratura nel tempo la composizione dei fluidi refrigeranti basta sostituire il cloro presente nella molecola con idrogeno.

Questo conferisce maggiore instabilità alle molecole di fluido una volta immesse in atmosfera, ove tendono a decomporsi più rapidamente, mentre non incide sulla stabilità chimica e fisica del refrigerante (ossia non implica la formazione di sostanze o composti nuovi) quando si trova all’interno di un circuito frigorifero.

Contenendo cloro, gli HCFC risultano avere un impatto non nullo sull’impoverimento dello strato di ozono atmosferico (ODP).

Per tale ragione è stata programmata la loro eliminazione progressiva: dopo un phase-down iniziale (progressiva limitazione d’uso) a partire dal 2015 non si possono usare HCFC nella manutenzione nemmeno se rigenerati/riciclati.

Negli impianti nuovi gli HCFC sono stati proibiti a partire dal 2010.

Questo significa il bando completo di questi gas e, quindi, anche dell’R22.

Tuttavia gli impianti a R22 che non hanno problemi di ricarica o reintegro della carica possono continuare a funzionare indisturbati. Per la loro durata nel tempo, quindi, risulta molto importante evitare assolutamente qualsiasi fuga di refrigerante dal circuito.

Dal 1 gennaio 2015 è completamente proibito l’uso dell’R22, anche se riciclato e recuperato. Questo è quanto sancito dal Regolamento Europeo 1005/09, che quindi pone di fronte a grossi problemi i proprietari di tutti gli apparecchi che utilizzano questo gas, puro o in miscela. Se infatti non vi è nessun obbligo di dismissione delle macchine funzionanti, da quella data non è più possibile eseguire rabbocchi in caso di riparazioni, nemmeno con gas riciclato.

Come comportarsi, quindi, di fronte ad una simile situazione? Ci sono diverse opzioni, a seconda del tipo di sistema, delle sue dimensioni e del suo utilizzo.

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La prima possibilità è, ovviamente la sostituzione con un nuovo impianto. Tecnicamente si tratta sicuramente della soluzione migliore, perchè consente di garantire rendimenti elevati, installando macchine più moderne, progettate secondo le recenti normative relative al risparmio energetico ed al GWP. Si tratta comunque di una soluzione costosa, ed è proprio per questo che, a volte, risulta conveniente scegliere altre strade.

L’alternativa è il retrofit, ovvero la sostituzione completa del gas presente all’interno della macchina con un HFC. Si tratta di una possibilità che però deve essere valutata con cautela in base alle dimensioni, allo stato ed all’operatività. Sebbene il costo immediato sia, in genere, minore di quello necessario per la sostituzione integrale del sistema, la spesa potrebbe infatti aumentare sul lungo periodo, a seguito di malfunzionamenti dovuti all’età della macchina ed a causa di rendimenti inferiori. Difficilmente infatti gli apparecchi sottoposti a retrofit riescono a mantenere le prestazioni iniziali.

Non tutti i gas, inoltre, sono intercambiabili. Per esempio, l’ R410A, attualmente il refrigerante maggiormente utilizzato negli impianti di condizionamento, necessiterebbe, a causa delle sue più elevate pressioni di funzionamento, della riprogettazione dei circuiti frigoriferi e di una sostituzione dei componenti con altri appositamente predisposti. Risulta adatto, quindi, per le nuove apparecchiature, ma non per il retrofit dell’R22.

Vi sono poi altre criticità che devono essere considerate prima di operare, prima fra tutte quella legata alla lubrificazione del sistema. Infatti, gli impianti caricati con refrigeranti CFC (R12, R502) e HCFC (R22) lavoravano bene con compressori che utilizzavano olii minerali (a base di idrocarburi), per la lubrificazione del compressore. I refrigeranti HFC, invece, hanno dimostrato una ridotta capacità di solvenza con quei prodotti ed utilizzano quindi lubrificanti differenti, detti POE. La procedura di conversione ad HFC richiede, quindi, un’operazione di flussaggio del circuito, che assicuri la rimozione dell’olio minerale presente nel sistema. Si considera accettabile un residuo di olio minerale nel POE che non sia superiore al 5%. È forse questa la parte più complessa di tutto il processo e, proprio per questo, i produttori di gas refrigeranti hanno introdotto delle miscele con un’elevata tolleranza di residuo (10-15% di residuo di olio minerale) e adatte alla sostituzione di CFC e HCFC senza dover sostituire l’olio (almeno nella maggior parte dei casi).

Ma quali sono quindi i gas che possono essere utilizzati nel retrofit dell’R22?

Soprattutto in passato l’R407C è stato ritenuto il candidato più idoneo per questo tipo di applicazione, in quanto permetteva di utilizzare i medesimi circuiti senza dover apportare modifiche significative alla componentistica. A causa di alcune problematiche gestionali di tale gas, con il tempo, si sono però affermati altri tipi di refrigeranti. L’R417A e l’R419A, per esempio, sono miscele zeotrope che permettono l’utilizzo di olio minerale. Hanno però alcune limitazioni: l’utilizzo del primo, ad esempio, non è consigliabile in impianti con evaporatori allagati, con separatore di liquido o con compressore centrifugo.

L’ R422D e l’R422A sono miscele studiate per sostituire l’R22. Il primo può essere impiegato nei grossi impianti di condizionamento, nei chiller e nella refrigerazione non a bassa temperatura, mentre il secondo viene utilizzato nella refrigerazione commerciale alle basse temperature. Nell’operazione di retrofit è necessario sostituire il dispositivo di espansione, ma non è necessario sostituire l’olio. Questo gas presenta alcuni vantaggi in quanto risulta avere una capacità frigorifera maggiore fino al 15% rispetto all’R22 e presenta temperature di mandata significativamente inferiori, fatto che può portare ad una maggiore durata del compressore. Non è però consigliabile impiegarlo in impianti con evaporatori allagati, con separatore di liquido o con compressore centrifugo.

Altri gas utilizzabili senza particolari interventi sul circuito sono R427A (condizionamento e refirgerazione), R428A (refrigerazione), R438A (nei chiller in cui la valvola d’espansione sia stata dimensionata in maniera strettamente sufficiente alla capacità richiesta), mentre l’R434A (condizionamento e refirgerazione) può richiedere la sostituzione del dispositivo di espansione e del capillare.

Tenuto conto di tutte queste criticità, all’atto pratico l’operazione di retrofit non risulta eccessivamente complessa. Prima di tutto è necessario verificare il funzionamento dell’impianto e registrare le prestazioni di riferimento col refrigerante esistente. Come abbiamo detto, i nuovi gas sostitutivi sono in genere compatibili con il vecchio lubrificante, quindi nella maggioranza dei casi non è necessario eliminare quest’ultimo dal circuito. Nei casi ove fosse necessario, quest’operazione deve essere eseguita in questo stadio, avendo cura di non lasciare residui in quantità eccessiva. Si esegue poi il recupero dell’R22, pesandolo per determinare la quantità del nuovo fluido da caricare e si sostituiscono il filtro deidratatore, l’indicatore d’umidità e, nei casi in cui è richiesto, la valvola d’espansione. Non è strettamente necessario cambiare le guarnizioni di tenuta, ma è consigliato, soprattutto negli impianti molto vecchi. Dopo aver verificato con l’azoto la tenuta dell’impianto si ricarica il sistema col nuovo refrigerante e se ne verifica il funzionamento.

Questo è quanto deve essere cosiderato, all’atto pratico, nel momento in cui ci si trovi di fronte ad un impianto a R22 che necessiti di un rabbocco di gas. Chiaramente l’aspetto fondamentale, al di là delle elucubrazioni tecniche, risulta quello economico e la scelta migliore, almeno in questo caso, è quella che consente il maggiore risparmio.

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